Il lupo si mangia l’agnello. Nuovi attacchi nel volterrano dove i lupi sono tornati a mordere, terrorizzare ed uccidere strappando dai greggi decine di agnellini e pecore e lasciando nello sconforto gli allevatori che lentamente stanno gettando la spugna. Antonio Sale, storico allevatore di Sensano e titolare dell’azienda agricola Podere Sant’Antonio, a Sensano, cinque anni fa aveva quasi mille pecore. Oggi ne ha poco meno di 200. A far sfiorire la sua passione per questo mestiere importante anche per la difesa del territorio ed in particolare il mantenimento delle zone collinari e montane, è il lupo che anno dopo anno ha dimezzato il suo gregge. Nell’ultimo attacco, appena due giorni fa, in pieno giorno, gli agnellini feriti o uccisi sono stati sei. In sei mesi i lupi gli hanno portato via una ventina di pecore oltre ad aver minato seriamente la sua voglia di andare avanti. “Voglio vendere tutto; – racconta – questa non è vita. La minaccia del lupo ti costringe a notti su notti in bianco, in costante allarme, senza andare a letto. Questo poi è periodo di pascolo ma con il lupo in giro – spiega ancora – non si possono lasciare da sole un minuto. Una distrazione ed il gregge è perso”. L’azienda di Sale alleva pecore da latte per farne formaggio e derivati. “Quando entra il lupo nel gregge è come se entrasse il diavolo. Le pecore per giorni, a volte per settimane, producono poco latte. Per un’azienda che sopravvive producendo latte è un disastro”. Secondo Coldiretti, in tutta la regione solo nel 2013, sono state uccise almeno 700 pecore, ma anche capre, puledri, vitelli e mucche. Un recente studio della regione ha invece stimato in 310/320 gli esemplari complessivi tra lupi, errativi ed ibridi. Le zone più calde sono proprio nel volterrano, nel senese e grossetano. Agli animali uccisi si aggiungono - precisa Aniello Ascolese, Direttore Provinciale Coldiretti - i danni indotti dallo spavento e dallo stato di stress provocato dagli assalti, con ridotta produzione di latte e aborti negli animali sopravvissuti. La presenza di branchi di lupi sta scoraggiando in molte aree l’attività di allevamento mettendo a rischio anche il tradizionale trasferimento degli animali in alpeggio che, oltre ad essere una risorsa fondamentale per l’economia montana, rappresenta anche - sottolinea - un modo per valorizzare il territorio e le tradizioni culturali che lo caratterizzano”. La Regione Toscana ha varato, alcune settimane fa, un piano strategico di intervento che prevede una serie di azioni per garantire le attività zootecniche attraverso interventi di tutela dal rischio di predazione del bestiame allevato a fianco della tutela del lupo in purezza ed il controllo del randagismo. “Nutriamo aspettative da questo piano – commenta Fabrizio Filippi, Presidente Provinciale Coldiretti – perché questa è una situazione che così non può più andare avanti. La giustizia fai da te, così come avvenuto nel grossetano in questi mesi, non può essere la soluzione, ne la strada giusta ma è sintomatica di una profonda frustrazione. Non si può tutelare le imprese con la sola logica del risarcimento”. L’azienda di Giovanni Antonio Zizi, uno di tre fratelli allevatori sardi, in località Santa Lucia, titolare del “Podere San Lorenzo”, dall’inizio dell’anno ha perso una cinquantina di capi tra agnellini e pecore. La sua azienda si trova al confine con un’area protetta. Anche lui, come l’amico Sale, si è trovato faccia a faccia con il lupo negli scorsi giorni. “Ho visto il gregge nervoso e mi sono allarmato. Era lì in attesa. Sono riuscito – racconta - a farlo scappare con l’aiuto dei cani. Era un lupo, ne sono sicuro. Non era un cane”. Dei capi “strappati” solo della metà ha trovato i resti, degli altri niente. “La pecora sarda ha bisogno di pascoli e di aria aperta; il lupo ci costringe a farle dormire in stalla e ad un continuo stress che non gli fa bene. In passato poteva capitare, era anche abbastanza normale perdere uno-due capi l’anno, ma questa è ora una situazione fuori controllo”. Anche Zizi, come Sale, progressivamente ha ridotto il numero degli esemplari del suo gregge: “noi saremo l’ultima generazione di allevatori e non perché i nostri figli non ne vogliono sapere, ma perché fare questo mestiere è sempre più complicato. I lupi, come gli ungulati, contribuiranno a spopolare le nostre montagne e colline da tutte quelle attività che fino ad oggi le hanno mantenute sane. Per capirlo però deve succedere”.
18 Aprile 2014
PREDATORI: IL LUPO SI MANGIA L’AGNELLO, DECIMATI I GREGGI NEL VOLTERRANO