Cresce per il secondo anno consecutivo il prezzo dei terreni agricoli in Toscana (+1,1%). Per acquistare un ettaro di terreno servono oggi 18.100 euro: è il valore più alto dal 2009. I terreni più richiesti sono quelli localizzati nella collina interna che hanno registrato un incremento del valore dell’1,5%. A dirlo è Coldiretti Toscana sulla base dei dati forniti dal CREA (Centro di Ricerca Politiche e Bio-Economia) sull’andamento del mercato fondiario in Toscana nel 2022. Il consolidamento della crescita, anche se in un contesto inflattivo molto marcato e prolungato, esalta il grande appeal della terra anche come bene rifugio. Lo dimostrano i numeri degli atti di compravendita che sono stabilmente oltre i 150.000 all'anno in Italia, ben al di sopra di quanto registrato nell'ultimo decennio e abbastanza in linea con i valori che si registravano nel decennio precedente.
“La terra si conferma essere un tipico bene di rifugio. – spiega Letizia Cesani, Presidente Coldiretti Toscana – I terreni più ambiti sono quelli che hanno una buona fertilità, dotati di solide infrastrutture e dedicati a colture di pregio dalla vite agli ortaggi ai fiori, mentre le aree marginali vengono cedute da agricoltori che lasciano l’attività incrementando così il fenomeno degli abbandoni nelle zone più difficili anche spinti da fenomeni come l’emergenza ungulati e predatori per scoraggiano l’attività e fanno venire meno la sostenibilità economica”.
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Il prezzo medio più alto si registra per i terreni di montagna litoranea che hanno raggiunto un costo per ettaro di 24.300 euro, stabile rispetto allo scorso anno, seguiti dalla collina interna con 19.300 euro, dalla pianura con 18.300 euro, dalla montagna interna con 17.100 euro ed infine dalla collina litoranea 13,4%. Questo il quadro regionale.
L’andamento delle quotazioni è diverso sul territorio nazionale. Rialzi più elevati si registrano nel Nord Ovest (+3,2%), a seguire il Nord Est a +1,2%, mentre il Centro-Sud si è fermato a +0,5/+0,8%. Le quotazioni medie si sono attestate su circa 22.600 euro a ettaro, con picchi di 47mila nel Nord Est, di 35 mila nel Nord Ovest, mentre nel resto dello Stivale (Centro-Sud) non sono stati superati i 15mila euro. In flessione del 6%, secondo i dati della Banca d’Italia, il credito destinato all’acquisto di immobili rurali per un valore di 350 milioni di euro a fronte dei 500 milioni del periodo 2016/2019. I vigneti di pregio – secondo il sondaggio del Crea - continuano a spuntare prezzi elevati, così come i seminativi irrigui, gli agrumeti e il florovivaismo. Più fiacchi invece frutteti, oliveti e pascoli. Tra gli elementi che costituiscono un freno e potranno invertire la tendenza positiva ci sono l’eccessiva spinta green portata avanti da Bruxelles che nell’ultimo anno ha messo in campo provvedimenti preoccupanti per la tenuta del settore (dal drastico taglio dei fitofarmaci all’equiparazione delle stalle alle ciminiere), le conseguenze del cambiamento climatico, i dubbi legati alla Pac sia per la rimodulazione dei premi che per gli eco schemi e l’aumento dei tassi di interesse, mentre resta la difficoltà (cronica e storica) dell’accesso al credito per le aziende agricole.
Ma gli agricoltori italiani continuano ad essere animati dalla voglia di puntare su un’attività produttiva che, con le misure del Pnrr e la svolta delle nuove tecniche genetiche, potrebbe diventare sempre più competitiva. Ed è questo che spiega il rafforzamento della maglia poderale realizzato soprattutto con il ricorso agli affitti. Il Crea ha infatti sottolineato come continui a prevalere la domanda nel mercato degli affitti trainata soprattutto dai seminativi irrigui nelle aree di pianura mentre diminuisce lievemente per i vigneti di alto pregio. I canoni d’affitto sono cresciuti nelle aree dove il mercato è stato particolarmente vivace, mentre in altri contesti il livello dei canoni è rimasto pressoché stabile. Un altro elemento che mette in difficoltà gli agricoltori è la concorrenza degli impianti a terra per la produzione di energia che “consumano” terreni fertili. L’ultimo bando sull’agrisolare ha vincolato la realizzazione degli impianti sui tetti degli edifici rurali, ma negli ultimi anni molte terre sono state sottratte alla coltivazione.