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24 Luglio 2016
CEREALI: PREZZO GRANO GIU’ (42%) E CRISI PER 1.400 AZIENDE, BATTAGLIA GRANO STRATEGICA ANCHE PER CONSUMATORI

Agricoltori pisani alla battaglia del grano. Il crollo del prezzo del 42% rispetto allo scorso anno è costato nel 2016 agli agricoltori della provincia pisana milioni di euro, mettendo a rischio la sopravvivenza delle 1.400 aziende produttrici che stanno lavorando con compensi al di sotto dei costi di produzione. Lo scorso anno il prezzo del grano al chilo aveva toccato i 32 centesimi, oggi la stessa quantità viene pagata appena 18 centesimi. Ma sono andate giù anche le quotazioni del grano tenero (con cui si fa il pane), che hanno perso il 18% e viaggia sui 0,16 euro. Troppo pochi: anche tirare a campare. La provincia di Pisa è la terza, in Toscana, dietro Siena e Grosseto, per terreno destinato a grano con 25mila ettari di cui 2mila destinati a biologico. Ecco perché la battaglia del grano è una battaglia da vincere a tutti i costi. A denunciarlo è la Coldiretti Pisa in occasione del blitz davanti al Ministero delle Politiche agricole, a Roma, dove un centinaio di produttori della provincia assieme a migliaia di “colleghi” da tutta Italia hanno protestato. “La battaglia del grano è strategica per la nostra terra, per il nostro paesaggio e per le nostre famiglie. – spiega Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Pisa – La cerealicoltura, in particolare il frumento, è uno dei tre principali settori insieme all’olio e al vino dell’economia agricola pisana che oggi, come non mai, è a rischio. Il prezzo del grano che viene pagato oggi agli agricoltori ci riporta indietro di 30 anni. Da pochi centesimi al chilo concessi agli agricoltori dipende la sopravvivenza della filiera più rappresentativa del Made in Italy mentre dal grano alla pasta i prezzi aumentano di circa del 500% e quelli dal grano al pane addirittura del 1400%. E’ indispensabile accorciare la filiera, stringere accordi con i panificatori locali per valorizzare le nostre farine. Il consumatore è il nostro grande alleato”. E proprio su questa linea si è mosso il progetto di Coldiretti di informazione e divulgazione “Pillole informative sui prodotti agroalimentari” promosso Coldiretti e la Camera di Commercio di Pisa in collaborazione con Toscana Biologica e Slow Food Monte Pisano per sostenere l’utilizzo delle antiche varietà di grano locali e biologici come il verna, il tumminia, il saragolla, il gentil rosso che non sono rimaneggiate geneticamente dall’uomo, sono più leggeri e digeribili ed evitano lo sviluppo di intolleranze. Un altro esempio di “perfetta filiera” è quello della pasta dei coltivatori pisani che coinvolge agricoltura ed artigiani: la pasta è in vendita nella rete di Campagna Amica. “Continueremo a lavorare in sinergia con il Consorzio Agrario di Pisa – spiega ancora Filippi – per rendere più efficiente e diretta la filiera ma anche per proporre contratti per forniture di grani e farine locali ai protagonisti della filiera. La rivoluzione deve ripartire dal basso e dai consumatori che sono la chiave del successo del Made in Italy a tavola”.

A pesare sono le importazioni in chiave speculativa che, accusa la Coldiretti, si concentrano nel periodo a ridosso della raccolta e che influenzano i prezzi delle materie prime nazionali anche attraverso un mercato non sempre trasparente. Il risultato è che è fatto con grano straniero più di un pacco di pasta su tre e circa la metà del pane in vendita in Italia ma i consumatori non lo possono sapere perché non è ancora obbligatorio indicare la provenienza in etichetta. Analogamente a quanto fatto per i prodotti lattiero caseari la Coldiretti chiede che venga introdotto l’obbligo di indicare l’origine del grano impiegato nell’etichetta della pasta e dei prodotti da forno può, portando le corrette informazioni al consumatore e valorizzando le distintività dei cereali italiani. “E’ necessario combattere – conclude Aniello Ascolese, Direttore Coldiretti Pisa - una situazione insostenibile provocata dall’aumento delle importazioni soprattutto da Paese Extracomunitari mentre i raccolti nazionali vengono lasciati nei magazzini per effetto di manovre speculative che provocano la “desertificazione” di milioni di ettari di terreno, mettendo a rischio il futuro della filiera dei prodotti più rappresentativi del Made in Italy nel mondo come la pasta ed il pane”.

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