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29 Novembre 2014
PREDATORI: NUOVE MATTANZE NELLA VAL DI CECINA, SITUAZIONE INSOSTENIBILE

Nuova mattanze nel volterrano ed in tutta la Val di Cecina. Situazione sempre più esplosiva tra gli allevatori inermi, indifesi e rassegnati di fronte ai raid, sempre più frequenti, di veri e propri branchi di lupi ormai abituati a spingersi fino sotto l’uscio di casa anche durante le ore del giorno. Tra i bersagli preferiti le pecore dei tanti greggi che popolano le aree rurali della zona, ma anche, e questa è una novità, maialini. Diversi quelli “spariti”. E’ ancora Coldiretti a farsi portavoce della rabbia degli allevatori ma anche a rilanciare l’urgenza di trovare un equilibrio tra una specie bellissima e protetta e le aziende agricole situate nelle zone montane e collinari che rischiano di questo passo l’estinzione. Non ci sono solo i lupi, anche l’altra fauna, quella formata da cinghiali e caprioli, costituisce una minaccia per la biodiversità agricola del territorio. “La proliferazione di animali selvatici, dai lupi ai cinghiali, non adeguatamente gestita con misure di contenimento, sta mettendo a compromettendo la presenza ed il lavoro dell’uomo in molte aree interne rurali”: lo dice senza rigiri di parole Aniello Ascolese, Direttore Provinciale Coldiretti. “Qui non è solo un problema di risarcimenti dei danni subiti dagli allevatori, ma di sopravvivenza delle imprese agricole che non sono più in grado, in queste condizioni, di rispettare gli impegni produttivi nei confronti degli acquirenti; la normale programmazione aziendale è saltata. Agli animali uccisi si aggiungono, infatti, i danni indotti agli altri animali dal terrore e dallo stato di stress provocato dagli assalti, con ridotta produzione di latte e numerosi aborti negli animali sopravvissuti”. Secondo Coldiretti sono stati, nel 2013, almeno 700 le pecore uccise dai lupi senza contare puledri, bovini. Si preannuncia pesantissimo il bilancio anche per il 2014: “E’ indispensabile – spiega ancora Ascolese - trovare un giusto equilibrio, affinché questa convivenza forzata tra gli animali selvatici e l’uomo non porti all’abbandono dell’attività di allevamento. In tal caso, non sarebbero solo gli allevatori a perderci, ma l’intera comunità poiché gli allevatori, attraverso la loro opera, conservano e valorizzano la montagna e la sua vitalità. Sono proprio queste aziende zootecniche, ubicate in aree marginali che presentano terreni poco adatti a trasformazioni colturali alternative, che mantengono vive le comunità locali generando una risorsa economica, in termini produttivi e di lavoro, altrimenti inesistente”.



Dopo un periodo nel quale la specie dei lupi era in via di estinzione in molte aree d’Italia, a seguito degli interventi di ripopolamento, attualmente la presenza del lupo è stimata in ben oltre il migliaio di animali, ricomparsi anche in molte zone in cui non erano più presenti da circa un secolo. Coldiretti, pur riconoscendo l’impegno della Regione Toscana che attraverso la recente approvazione del decreto n.4433 del 7 ottobre, ha previsto un importante impiego di risorse per attivare un sistema di risarcimento dei danni in tempi ristretti, garantendo il reintegro della perdita subita dall’allevatore, sottolinea “l’esigenza di mettere in campo misure di contenimento della specie, anche attraverso il trasferimento in altre aree non antropizzate di parte degli esemplari in sovrannumero. Senza l’adozione di misure attive – conclude Fabrizio Filippi, Presidente Provinciale Coldiretti - si rischia di aumentare la conflittualità e con essa gli ingiustificabili atti di intolleranza a cui si è, purtroppo, assistito in altre parti del territorio regionale”.



Le storie. Bartolomeo Carta, i fratelli Moni, Franco Piras sono nomi, imprese, storie che ricorrono con frequenza nelle cronache degli ultimi anni e purtroppo non per successi o risultati imprenditoriali. Non sono però gli unici. Le loro imprese si trovano al centro di una delle aree a più alta intensità di predazione dove le incursioni dei lupi sono una drammatica routine. Sono già decine le pecore “strappate” al gregge di Bartolomeo Carta nelle ultime settimane. La sua azienda di allevamento di ovino di razza sarda si trova nel comune di Volterra, al confine con il Parco del Berignone. L’allevatore ha perso il conto dei capi sbranati, trucidati, dispersi. L’ultimo caso appena alcuni giorni fa: “è stata una sortita diurna; – racconta – erano in cinque. Hanno sbranato una pecora gravida: avrebbe dovuto partorire da lì a poco”. La gravità dell’episodio si misura in rapporto al fatto che l’attacco è avvenuto nel tardo pomeriggio in prossimità della stalla, all’interno del recinto dove è riunito il gregge prima della mungitura serale, a poche decine di metri dall’abitazione in cui l’imprenditore zootecnico vive con la propria famiglia. Dal lato opposto dello stesso parco nel Comune di Castelnuovo Val di Cecina in località Montecastelli Pisano, c’è l’allevamento dei fratelli Moni: in un colpo solo hanno perso 10 pecore gravide. “Siamo stati costretti – spiegano – a controllare ininterrottamente il gregge durante il pascolo con turni massacranti. Ciò nonostante gli attacchi a singoli animali si sono ripetuti”. A Montevigoli, nel Comune di Montecatini Val di Cecina, l’azienda di Franco Piras è letteralmente “presidiata” da un branco di 9 lupi che girano attorno alle stalle aspettando il momento giusto per attaccare. Numerose le “scomparse” di maiali e cinghiali di allevamento. “La continua presenza del lupo in queste dimensioni sta costringendo gli allevatori a modificare il sistema di allevamento, costringendo le pecore a rimanere in recinti controllati: gli animali allevati saranno sempre meno e le aziende spariranno dalle aree rurali marginali”.

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